giovedì 1 aprile 2010








Numero 4.


Evocazione catartica.....Gita!

Il Brasile é 22 volte l´Italia, circa grande quanto l´europa.
Sono stato molto in giro, anche perché quando vuoi fare un giretto, va a finire che fai almeno 500 kilometri. E’ tutto enormemente grande.
Prendimo per esempio gli alberi: mangueiras (gli alberi del mango), jaqueiras (alberi che danno dei frutti ,jaca,allucinanti e buonissimi a forma di pera, peró con la buccia tipo tappetino antiscivolo a puntine e grossi come degli zainetti invicta, praticamente dei meteoriti, quando li tagli buttano fuori una resina taccolenta che si chiama “visgo” e che si toglie solo con l´olio, peró dentro ragazzi che storia: ci sono jacche “molli” e jacche “tenere”, le prime sono della consistenza del muco, non piacciono quasi a nessuno, le altre invece sembra di mordere un fungo molto sodo e il sapore é un viaggio: banana, abacaxí (ananas), e anche un pó di cacao, tutto mescolato, inutile dire che é una bomba, meglio non esagerare. E poi ancora l´albero del tamarindo (con dei frutti piccoli e acidissimi), le stesse palme da cocco (coqueiro), insomma gli alberi diventano giganteschi! Ci sono dei locali costruiti letteralmente sotto una mangueira, oppure enormi monumenti vegetali con radici che escono ovunque, grandi come palazzi. Poi gli insetti, che abbondano oltre che in dimensioni ( le blatte....gli scarafaggi sono grossi come un nokia, le cicale come un ericson, e fanno un casino tale che non ci si crede, dei veri e propri reattori da aereoplano), abbondano anche per numero, mai avuto tanti problemi con zanzare e mosche e tafani e moscerini e formiche del fuoco ( piccolissime e fetentissime, urticanti quanto le zanzare), formiche testa di forbice (grosse come mosche, velocissime e violente! Ti pungonoe scappano, e fanno un male boia, per fortuna dopo un minuto passa tutto). E´ la vita che prorompe!

SU TUTTO CIO’ CHE SERVE PER FARE UNA GITA..

Prima di una bella gita si deve per forza passare a fare la spesa. Al supermercato. Chiaramente enorme! Si prende la propria macchina, di solito utilitaria robusta (ci sono una montagna di fiat, tutte un pó diverse dalle italiane) colle sospensioni scangherate, per via delle strade, ci si infila in tangenziale e si fa lo slalom fino all´ATACADÃO (grossista).
-le strade-
Meritano una menzione speciale: sono imprevdibili, a volte a 5 corsie, a volte sterrato, a volte un misto di asfalto e argilla battuta con buche e gobbe degne di un percorso da trial ( non esagero per niente!), come la strada che ci ha portato al Parco della Chapada Diamantina. Ci abbiamo messo un´ora e mezza per fare 10 km, in mezzo ai camion (poveracci! Ce ne sono un casino e li trovi proprio dappertutto, anche nei sentieri, e portano tutte scritte di santi e di preghiere che li proteggano, e ci credo!), e poi un altro tratto di 15 kilometri in salita lungo una strada che sembrava il letto di un torrente in secca, una roba scassa sospensioni e scanna pianali, ci vuole una calma tutta sudamericana per non scoraggiarsi, e comunque si farebbe quasi prima ad andare a piedi. Comunque a parte questi casi, le buche sono imprevedibili e mai!segnalate! le puoi prendere anche ai 100 all´ora, occhi aperti! Anche perché potreste non vedere le rarissime (quasi inesistenti) segnalazioni stradali che indicano i paesi e le cittá.
Quindi, ora che siamo al supermarket si acquista praticamente ogni genere di alimentari: gamberetti secchi affumicati, caffé, frutta, verdura, carne affumicata (sotto forma di salsiccie chiamate “calabresi”),pane, burro, birra (che andrá depositata il piú presto possibile in freezer, perché qui costuma di berla ghiacciata, deve essere vicina al punto di congelamento, deve farti venir male allata degli occhi quando la mandi giù!), biscotti al cocco, altri biscotti al formaggio e tutto ció che piace.
Si completa quindi il carico della macchina che giá conteneva tende, materassini, bottiglioni da 20 litri di “agua”, facão (macete, qui ce l´hanno tutti, legato in cintura o sotto il sedile, puó sempre servire), zaini e zainetti, poi, finalmente, si parte! E abbiamo giá accumulato un ritardo pauroso, almeno mezza giornata.
Ma qui non c´é fretta, o meglio c´é una concezione diversa del tempo, dovuta al sole credo: alle 6 di mattina il sole é giá sorto da quasi due ore e scotta! Alle 6 di sera va giú di colpo e c´é buio, quindi si tende ad andare a letto prestissimo e svegliarsi all´alba, e ti trovi alle 5 del mattino che hai giá fatto colazione, inizi a caricare la macchina per partire, poi arriva un amico, poi mancano delle cose, poi sparisce una sorella, che scopri dopo un ora che era ancora a letto, insomma, difficile fare progetti con orari prestabiliti e precisi, si fa un piú o meno, e di solito va tutto bene.

Roberto Carlos Pimentel (il padre di Luisa) alla guida é ció che ci vuole, un misto di sicurezza e casualitá, perfetto per viaggiare tranquilli ma senza annoiarsi. Ci porta a destinazione senza parlare molto, e anche quando parla "eu nao entendo" le parole, apre appena la bocca e le lascia scivolare fuori, peró é molto espressivo e ride quando vede che non capisco, ci porta ad Embassaí, una localitá rurale tra il mare (oceano Atlantico) e il fiume (Rio Embassaí). Una volta ci viveva la gente che coltivava la terra, adesso ci vive la gente che probabilmente fa altri lavori e le altre case sono diventate case per le vacanze. Infatti noi siamo a casa di Sinval (il ragazzo di Luciana una sorella di Luisa, lui é insegnante di storia e sociologia, é piccolo, di pelle bianca, pelosetto e quando parla non lo capisco peró é ospitale e simpatico, oltre al fatto che mi adora perché pensa che io sia comunista…pensate che mi parla di Gramsci!) che ci abitava coi suoi genitori tanto tempo fa, prima di trasferirsi a Salvador.
Va a finire (come é logico da queste parti) che ci ritroviamo in tantissimi: zii, nonne, nipoti, sorelle e morosi, italiani in gita ( Romina e Carmelo, i due Italiani che ho conosciuto a Tortona, molto amici di Luisa e adesso anche miei, di ritorno da un giro nell´interno, a Belem, quasi all´inizio dell´amazzonia, poi a sud, quasi fino in argentina, a Iguaçú, dove carmelo s´é beccato due morsi di “raia” (razza) sul piede, e dovrá prendere antibiotici per almeno due settimane, brutta infezione).
Si fará il bagno nel fiume, mentre alcune ragazze lavano i panni, e i figli nudi giocano in acqua (noi le guardiamo curiosi, loro pure, soprattutto me e Romina, siamo stranieri, é evidente!), alla sera mangeremo tutti insieme (miracoli che si fanno con un pó di piatti e qualche posata, da queste parti si riesce a moltiplicarle, ci si accomoda per mangiare dove capita perché non é che ci sia un posto proprio per ogniuno, ci si arrangia benissimo, la gente é pratica e al tempo stesso molto civile, con senso della misura nel cercar di stare bene), mangeremo e poi andremo a dormire un pó scaglionati, anche qui come capita, chi su un materasso gonfiabile, chi nelle amaca (comodissima, non credevo fosse cosí, é forse meglio di un letto), chi in tenda (per via delle zanzare, che lavoro!)
Durante un giro nel paese di Embassaí, dopo aver dormito poco, mi sento un turista, anche se porto solo il costume e le infradito havaninas, devo avere qualcosa nell´andatura, nello sguardo, ancora non capisco. Vedo persone che si costruiscono la casa, anche se é domenica, non c´é molta differenza tra i giorni della settimana se non hai un lavoro fisso, ragazzi che ballano, bambini che giocano in via, vecchi che siedono sulla porta di casa. Sento un´intimitá con loro, sono persone semplici, mi guardano e ridono.
Nella famiglia Pimentel (ma in generale un pó ovunque) ci si chiama con appellativi dolcissimi: minha mae, meu pai, minha filha, meu amor, menina “bambina”, minha linda..., sembrano incapaci di incazzarsi sul serio. Quando iniziano a parlarti sembra che ti abbiano giá perdonato tutto. Hanno questo modo eccezzionale di stare insieme, mai visto prima. Parlano mentre aspettano il pranzo, si ritrovano tutti sull´amaca, scherzano, ridono e a volte qualcuno piange, perché é icinta per esempio…ed io che non sono abituato ad esprimere i miei sentimenti (sono emiliano io!) stò da una parte e li guardo…preoccupato che i ganci dell’ amaca non reggano.

E ADESSO L´AVVENTURA!

Si chiama cajú. Sembra un peperone, ce ne sono di gialli e di rossi, colore intenso, profumo fragarante e dolcissimo, crescono su alberi simili ai nostri albicocchi, da provare mi dicono, e infatti me ne mangio uno, sugosissimo, un pó tannico…molto tannico…troppo tannico! Decido che non mi piace, o meglio il succo con addizione di una mestolata di zucchero è affrontabile, ma il frutto cosí com´é...ma non finisce qui: il cajù in realtà (per la botanica) è il picciolo di un altro frutto, mi informo...castanha verde, cioé anacardo crudo...ma va?...pensa te come son fatti gli anacardi! Si cuoce e si mangia mi dicono....interessante. Giocherello un pó con questa castanha verde tra le mani, sembra un fagiolo gigante, e poi, istintivamente (pensando alle castagne italiane) la mordo! con forza!...é fatale!
L´impressione é quella della colla, l´effetto é quello dell´acido da batteria, involontariamente mando anche un pó giú. Ustionante! Lavo velocemente lingua e labbra, faccio violenti gargarismi, ma non sembra che sta roba vada via facilmente. Ho mezza bocca e mezza lingua bianca, sono costretto a strofinare prima colle unghie, e poi con uno spazzolino. Ormai il danno é fatto. Chiedo informazioni a Luisa “..Uuisa…che catto è ta Ooba?” lei inizia a ridere, ma vedo che anche un pó preoccupata perché mi chiede se ho mandato giú, se mi sono lavato bene, se mi brucia!
Dpo aver constatato che sono un pó bruciacchiato, che non corro rischi e che sono un coglione, Luisa comincia a raccontare il mio caso a tutti (obrigado meu amor!).
Tutti ridono e vogliono vedermi, vogliono vedere “O gringo que comeu a castanha verde de cajù ah! ah! ah! “ (pronuncia “castagna vergi gi cajú ah!ah!ah!”).
Io mi sento giustamente un ritardato e berró acqua per il resto della giornata.
Le mie labbra cambieranno la pelle, mi informeranno che dentro al seme dell´anacardo c´é una resina acidissima, infiammabile, usata dai carcerati-punk-favelari-irresponsabili-annusatoridicolla per farsi i tatuaggi in casa!...resina “do diabo!” che si elimina con la cottura.
Mi faranno anche l´onore di cucinare una padella intera di castanha tostata al momento in giardino… cotta è tutta un altra storia.

1 commento:

  1. Cazzo, dacci tregua: ti è venuta la febbre dello scrittore?!
    Mi manca l'ultimo post, del primo aprile. Quello precedente è molto bello.
    Lo immaginavo: se non hai il dna brasiliano è un po' complicato vivere la fiumana di umanità come niente fosse.
    Magico.
    ... la latrina... gente tutt'altro che stitica... spettacolo!

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