lunedì 30 aprile 2012

cartelli stradali .1



Tanhaçu - Bahia 16 Aprile 2012. Passaggio ferroviario senza sbarre. 


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venerdì 27 aprile 2012

Café da manhã (a ogniuno il suo)



Banane fritte con zucchero e cannella (la piú accanita é mia figlia ma in generale é una lotta all´ultima forchettata, con diritto a patetiche bugie "ne ho mangiate solo 2...")

Papaia matura (nonostante sia dolcissima non é la favorita di nessuno, ottima per la fase dopo-colazione-fila-in-bagno)


Termos di caffé da 1,5 litri -il mio migliore amico-


Uovo fritto con formaggio -il migliore amico di mia moglie- (Lato A)
Uovo fritto -il formaggio- (Lato B)

Uovo fritto. (Particolare laterale A-B)


Panino Tipo francese con impianto di uovo fritto a gemma molle (operazione condotta con successo da mio figlio)


martedì 24 aprile 2012

Piccolo ritratto di una domenica qualunque




Chiedo scusa in anticipo per i piccoli errori ortografico/grammatico/sintattico/logico/ecc. Ho delle scuse. Non li faccio apposta. Non é uno stile. E´che uso una tastiera portoghese e a scuola ero scarso in Italiano: epica fú la mia scena-muta all´esame di maturitá su domande generiche sul Manzoni e altri importantissimi autori. Tutti nati in Italia. E tutti morti da secoli. La pigrizia e la mia disattenzione nella lettura degli anni seguenti completano l´idea che potete aprioristicamente farvi delle prossime (e passate) righe. "Aprioristicamente" l´ho rubata a Pasolini (Scritti Corsari). Mi é piaciuta subito. L´ho cercata su google e l´ho fatta mia, ripromettendomi, apriortisticamente, di usarla appena possibile.

Domenica
11 Marzo 2012.
Ore 8 del mattino.

Il sole scalda a tutta forza da almeno un paio d´ore, siamo sui 30 gradi ed é giá piovuto 3 volte.
Il cielo é enorme e basso, color cemento fresco, con enormi buchi  bianchi e lanugginosi da dove esplode la pura luce del sole. Il sole del nord-est brasiliano é qualcosa di violento, é un super-sole, sembra una gigantesca lampada di fotocopiatrice che crea colorazioni ipersature e contrasti cosí netti da marchiarti a fuoco le retine. 

Ipersature me l´ha prestato Foster Wallace, anche se la conoscevo giá -dai tempi in cui spistolavo col Corel Draw sul 486 nuovo fiammante di mia sorella- non avevo mai pensato di usarla. Poi l´altro giorno mentre facevo una corsetta con David sul lungomare, ha puntato il dito verso il cielo e ha detto "Guarda che blu ipersaturo"

Sono in balcone ed ho in bocca il sapore del caffé.
Dal mio punto di osservazione -un divanetto di vimini che ho farcito di cuscini ammuffiti e coperti con un lenzuolo a mo´ di canapé- vedo il bar di fronte casa, dall´altra parte della strada. Strada che percepisco, dietro il muro di recinzione alto 3 metri e cementato in vetta con punte di metallo  anti-scavalcamento-ladro, dallo spozzangherio delle macchine che lente cercano di evitare buche inevitabili, e dal riflesso delle vetrine del mercatino di fianco al bar.
L´aria é densa e carica di energia potenziale, come se stesse per accadere qualcosa. Saranno le aspettative della domenica mattina, sará che la temperatura arriverá a 38 gradi con umiditá del 90%, sará che sono al terzo boccale di caffé, ma percepisco una irrazionale tensione pre-esame-estivo: stomaco sottovuoto e culo sudato.
Tre giovani sotto i 30 stanno sprofondando in poltroncine di plastica bianca, rammolliti da un caldo umido che ne pregiudica la struttura ossea, avvicinandoli al passaggio di stato solido-liquido, tipo mozzarella in forno.

Si pensi ad una colonna vertebrale edificata con centinaia di sottilette Kraft da cui si dirama uno scheletro iniettato col Philadelphia. Un Wolverine fatto di croste di parmiggiano bollite.

Se ne stanno intorno ad un tavolo, sempre di plastica bianca

che di questi congiuntini sedie-tavolo di plastica ce ne sono a milioni qui a Bahia, é un classico che arreda giardini, bar, case e addirittura chiese. Io stesso ne posseggo 5

su cui torreggiano una birra SKOL  stupidamente gelata

si serve e si beve alla temperatura piú prossima possibile al punto di congelamento, intorno ai -4 °C, parlo sul serio, la sensazione che si prova bevendo é degnamente rappresentata dalla scena di Matrix dove Neo prende la pillola e comincia a trasformarsi in una specie di uomo-cromato, con le cromature che scendono lungo la gola con un´inquadratura tipo montagna-russa-in-discesa.. Sostituite peró il cromo con dell´azoto liquido e riuscirete ad immaginare la sensazione di congelamento. E´cosí fredda che inizia a spumare solo nello stomaco. Alcuni secondi dopo il primo sorso. Assieme al caratteristico dolore ai bulbi oculari.
La questione temperatura é cosí seria che la SKOL - furbescamente- ha messo un´etichetta con un particolare del logo che cambia colore in base alla temperatura. Sono moltissime le persone che alla domanda che birra vuoi rispondono la piú gelata!

e 3 bicchieri pieni

qui a Bahia i bicchieri di birra sono sempre pieni. Sembra che nessuno resista alla triste visione di un bicchiere vuoto, soprattutto di domenica, tanto che ti viene automaticamente riempito (dopo ogni sorso! ) dal piú sensibile del gruppo. Anche i camerieri lo fanno, ma a scopo di lucro, riempiono bicchieri in corsa con l´agilitá di equilibristi e sostituiscono bottiglie vuote con bottiglie piene usando abilitá da prestigiatori, cosicché alla fine del pranzo sei sbronzo e nel conto ci sono almeno 3 birre che non ti sei neanche reso conto di aver bevuto)

a questo punto volevo fare una divagazione a sfondo sociale sul fatto che la domenica bevono tutti, poveri e ricchi, birra ghiacciata, in quantitá industriali, roba da far impallidire gli organizzatori dell´Octoberfest. Divagazione che avrebbe messo in risalto come l´appiattimento culturale degli ultimi 20-30 anni sia sfociato in una specie di sport nazionale domenicale in cui si beve a livello agonistico, in cui le varie classi sociali si fondono nell´unico scopo apparente di bere-quanto-piú-possibile, con tanto di produzione musicale popolare ad esaltarne gli intenti morali "...vamos embora pro bar...beber-cair-levantar...beber-cair-levantar..." (trad: andiamo al bar..bere-cadere-rialzarsi...bere-cadere-rialzarsi). Volevo farla. L´avevo asteriscata nei miei appunti sul quadernone a righe rubato a mia figlia. Ma adesso proprio non mi va.

Il piú magro e nervoso dei tre indossa bermuda a fiori dai colori taroccati, occhiali scuri da due soldi, é senza maglietta e ha una piccola testa rasata che ricorda un kiwi maturo. Si muove inquieto sulla sedia  e ogni tanto si alza in piedi durante un resoconto eccitato, per mimare una scena di qualcosa avvenuto non so quando. "Quel tizio parla merda! PARLA MERDA! E´un pettegolo del cazzo e poi é brutto!"  riesco a sentire, e poi continua rivolto un pó ad uno e un pó all´altro dei suoi amici, ma non riesco ad afferrare molto -é di spalle e parla in fretta in preda ad un raptus raccontativo senza punteggiatura- mentra raggiunge l´apice del climax si alza e mima un litigio col tizio-che-parla-merda. Litigio avvenuto, o potenzialmente avvenibile -che avverrá, suppungo, se quel tale continuerá a parlare merda-   poi alza le braccia, gesticola furibondo e offende l´aria, quindi carica un destro, facendogli compiere un´arco larghissimo dall´alto in basso, che si infrange con un CIAF! sulla mano sinistra aperta palma in su, simulando credo la faccia del tizio.
I suoi amici sono visibilmente impressionati da tanta passione e il piú grosso, l´unico con la maglietta, chiama il barista e sento le parole formaggio, mortadella, altra birra e il barista da dentro che urla "COSA?" obbligandolo ad alzarsi, con uno sforzo da gestante al nono mese, strisciare i piedi scalzi lungo il pavimento di cemento grezzo della veranda, per farsi inghiottire dall´oscuritá ronzante del bar.
Sul mio lato sinistro, a meno di due metri, mio figlio maggiore dondola la sorellina sulla rete da paracadutista (amaca tattica da campeggio) ad una velocitá/frequenza preoccupanti. Dico parole apprensive e risolute come matto, troppo veloce, cappottare, sbattere la testa ma nel momento che mi escono dalla bocca e vedo occhi sgranati/impauriti, capisco che, come al solito,  stó esagerando e che, in fondo Stavamo solo giocando!  mi conferma lo sguardo sornione/tutt´altro-che-impaurito di mia figlia immersa nella rete  col mento dentro lo sterno.

Ore 10.30 

I tre baldi giovani che stó spiando sono alla 6° birra, servita a "culo di foca" e isolata da un cilindro di plastica gialla con logomarca SKOL. Quello che era il piú quieto comincia ora ad uscire dalla tana e, approfittando della momentanea fiacca del piú magro, srotola un discorso su non so bene cosa, terminando coll´alzarsi in piedi e dire "...questa si chiama utopia! U-TO-PIA!" lasciando gli altri due con la bocca semiaperta -non se l´aspettavano, e almeno 1 dei 2 non deve conoscere il significato di utopia- per poi sparire dentro il bar per prendere altro formaggio e mortadella.

Ore 11.02

Altra birra. Altra mortadella.

Dovete sapere che la mortadella é in assoluto l´insaccato piú economico, circa 4-5 reais al chilo, che non sono tanti neanche per un povero. Non é proprio come la mortadella italiana, é TIPO mortdella. Cosí come la mozzarella é TIPO mozzarella. E questa dicitura TIPO la trovi proprio scritta su questi prodotti alimentari (TIPO gorgonzola, salame TIPO italiano, formaggio TIPO grouvier eccetera) per, credo, una questione di copyright. In generale il Brasile produce tutto TIPO le cose che vengono prodotte all´estero. Tanto che i prodotti con su scritto IMPORTADO costano un occhio e sono giá, per il semplice fatto di non essere TIPO qualcosa, considerati migliori. Ci sono poi anche le cose prodotte qui e considerate di qualitá superiore, ma allora ci mettono su una bella scritta ESPORTAÇÃO. Questo per darvi un´idea di come sia ancora forte la cultura colonizzatrice.

Ore 11.33

Mio figlio mi porta una pietra simil-quarzo e dice "Questa é per te" tutto soddisfatto.

Dalla camera, in cui madre, 4 figlie (una all´ottavo mese) e un paio di nipoti stanno accomodati in pose liquide sul letto -nel bel mezzo di una tempesta di lenzuola, cuscini e vestiti per bambini, con la madre che lavora velocemente ai ferri producendo rumori di duello e una cosa che sará una maglia per la 2° figlia (mia moglie)- si  comincia a parlare di pranzo, ma senza nessuna convinzione.

Io bevo un bicchiere di SKOL comprata al bar di fronte, dove ho potuto notare che i 3 giovanotti stanno alla 10° birra, verificandone il numero dalle bottiglie morte allineate in plotone sul davanzale della finestra al lato del tavolo. Un pó é esibizionismo e un pó é il metodo che il barista utilizzerá per fare il conto nel pomeriggio, quando la temperatura arriverá a 38 °C e nessun essere umano con un tasso alcolico superiore a 2 mg/litro riuscirebbe a resistere alla necessitá di collassare su qualche materasso di fronte ad un ventilatore a velocitá 3.

Ore 11.45

Uno dei miei cognati comincia a stirare un paio di jeans, su un pericolante asse da stiro a fiorelloni arancioni. Deve avere qualche tipo di appuntamento formale nel pomeriggio per azzardarsi ad un´operazione cosí suicida. Infatti suda spropositatamente e deve fare attenzione a non inzuppare gli stessi jeans. Lo vedo da dietro, ha le spalle completamente bagnate.

Di colpo mi vengono in mente le domeniche pomeriggio passate da bambino nell´appartamento di via Puccini, quando dopo aver giocato fino all´esaurimento col LegoLand Castello, me ne andavo in camera dei miei, dove mia madre stava stirando. La noia era cosí grande che le chiedevo di farmi stirare i fazzoletti. Poi mi sdraiavo sul letto matrimoniale, tra pile di vestiti perfettamente piegati, e guardavo mia madre che, per ultimo, stirava i jeans di mio padre.
La luce di fine pomeriggio entrava dalla finestra mentre io cominciavo a sbadigliare intorpidito dal sonno, un paio di jeans penzolavano dall´asse da stiro e  questa era l´ultima cosa che vedevo.

Un paio di jeans sull´asse da stiro. Prima di perdere i sensi. 

Quell´immagine peró rimaneva cosí impressa nella mia testolina che qualche volta ebbi degli incubi.  Sempre uguali. Sí, la parola giusta é ricorrente.
Me ne stó sdraiato sul letto e guardo mia madre di spalle che stira, in controluce, in quella luce arancione che entra dal finestrone di fornte a lei. Poi un paio di  jeans che ha stirato e sdraiato sul letto di fianco a me lentamente cominciano ad alzarsi. Prima la parte superiore, quella coi passanti per la cintura, poi le gambe scendono dal letto, e cominciano a camminare. Un paio di jeans stirati che camminano intorno al letto, mentre io impietrito li guardo passare. Mia madre di spalle stira. Ad un certo punto i jeans si girano verso di me. Mi hanno visto. Mi guardano e avanzano  verso di me sul letto. Mi fissano rabbiosi dalle tasche laterali. Io cerco di chiamare mia madre, provo a urlare. Ma é sempre un classico: sono afono. Dalla mia bocca non esce nemmeno l´aria. A ´sto punto i jeans, come per dimostrarmi che urlare non mi servirá, cominciano ad emettere un suono dalla cerniera, fanno "oooh" come il vento che passa dentro un albero cavo, prima piano, poi sempre piú forte, fino a diventare un grido assordante "OOOOOOOO" e poi sono sopra di me!  Qui mi svegliavo. 

Mio cognato finisce il servizio e viene a bere un pó di birra in veranda, di fianco a me. Dice parole come caldo, insopportabile, doccia e poi sparisce dentro camera sua.

Ore 12.15

Nel frattempo fa il suo rientro dalla spiaggia un gruppetto di 50-60enni, tutti col berretto a visiera e senza maglietta, superando agevolmente le erbacce in fiore nate nelle crepe grandi come aiuole del lunghissimo marciapiede che dá accesso al bar, deviando e zigzagando da veri veterani in hawaianas tra i mucchi di rifiuti e detriti di qualche ristrutturazione, bilanciando dignitose panze a braccia penzoloni.
Il loro arrivo é salutato con ululati e battute dei piú giovani, corrisposte da minacciosi versi baritonali carichi di saggezza.
Nei successivi 5 minuti é tutto un crepitio di tappi a ghiera che saltano da SKOL criogenizzate, traghettate dallo s-ciabattente barista, che é una via di mezzo tra Cliff Robinson (dei Robinson) e Jorge Jefferson (dei Jefferson).
Il piú grosso dei tre giovani é inspiegabilmente sparito, e il piú magro attraversa un nuovo ciclo di esaltazione, stavolta non-violento, ma a sfondo sessuale: mima abbassamenti di mutandine e porgere di culi, imita voci femminili. Anche quello che era calmo sembra in forma ed essendo (sembra) il piú istruito, fa largo uso di espedienti retorici "Sai chi é arrivato? Sai che cosa ho fatto? Sai che cosa mi ha detto?" per impreziosire i suoi racconti.

Ore 12.57

All´improvviso si sono materializzati dal nulla un quartetto di giocatori di burraco con tanto di pannetto verde, con elastici bianchi sotto cui collocano le carte per non farle volare via, poggiato sul solito tavolo di plastica bianca della TRAMONTINA, e con tanto di tifoseria.

Una delle categorie piú infime é quella degli ultrá/commentatori delle partite di carte.

Vado a mangiare. In mezz´ora le donne e mio suocero hanno disseppellito dal frigo gli avanzi di una settimana, facendone un pranzo, piú -pezzo forte- un pollo alla griglia e due quaglie comprati in un chiosco nella piazzetta in fondo alla via. Farofa e insalata fresca completano.

Ore 13.10

La disposizione dopo pranzo é quella di sdraiarsi e lasciarsi morire. Fa cosí caldo che i pensieri ti escono dai pori invece che dal cervello. La testa é piena di vapore, come la caldaia di una Cimbali Junior (quella da 1 gruppo). Potrei fare il cappuccino con le orecchie.

Decido di fare una doccia strategica per rimandare l´ora della resa finale, ottenendo come risultato una tregua di pochi minuti. Ricomincia a sudare mentre mi asciugo, prima di rimettere le mutande. E´disperante.

Alle 13.20 la situazione dei tre precipita: quello calmo é sparito alla 13° SKOL, quello magro é in uno stato di calma sedata ma riesce ancora a gesticolare verso altri clienti, quello grosso ha puntellato la testa con l´avambraccio per non cadere con la faccia sul tavolo.
Il gruppo seniores invece va alla grande. Altro crepitio di birre, carburazione ottimale, grandi risate e battute rivolte ai giovani. Eh, l´esperienza!
Ogni tanto qualcuno ordina "un altra birra" al barista. Ordine che viene apparentemente ignorato e consegnato con un ritardo che qualunque modenese riterrebbe offensivo.
Mio figlio mostra la sua nuova spada -fatta con materiali che recupera in giro per casa e garage, senza sapere ancora distinguere tra una cosa ormai-inutilizzabile e una-cosa-che-potrebbe-ancora-servire, provocando domande retoriche tipo "chi ti ha detto di prendere il mio depilatore?"- all´attenzione di nonna Lilí (sua bisnonna), che stá consumando uno stecco gelato piú lentamente di quanto sia raccomandabile fare a queste temperature.
Una morena spettacolare passa, in direzione spiaggia, scrollandosi dai fianchi gli sguardi dei clienti del bar che all´improvviso si sono fatti silenziosi. E´cosí sensuale che nessuno osa sgomitare il vicino.
 
Ore 14.00

Gli odori del pranzo si mischiano alle grida dei bambini. In fondo alla via dev´esserci una festa. Le palme da cocco sono di un verde brillante  artificiale e vibrano nel vento.
L´avanzare del sole sulla mia postazione mi costringe ad una ritirata lenta ma inesorabile verso le parti in ombra -sempre piú piccole- del sofá, fino ad espulsarmi dalla veranda incendiata dal sole delle 2 del pomeriggio non filtrato da un diluitissimo cielo azzurro-napoli.
Decido di fare un altra doccia. Ma stavolta non mi rivesto. Esco in havaianas e asciugamano legato in vita. Driblo l´asse da stiro coi jeans in mezzo al corridoio e mi arrampico su in mansarda, dove si trova la mia camera ma soprattutto un ventilatore modello Ariete Zefiro (da 35 cm di diametro).

Ore 14.03

Mio figlio (da giú) urla "Papá avevi promesso che dopo pranzo...piscina...papá? dove sei?" obbligandomi moralmente ad infilarmi il costume e, ancora bagnato, scendere la ripidissima scala della mansarda.

 Ore 14.04 e 10 secondi.

 Al primo gradino il mio piedone bagnato scivola sulla suola dell´havaianas (che rimarrá incollata a quel gradino fino al momento -5 ore dopo- in cui la recupereró e ripenseró all´accaduto), facendo saltare il laccetto a Y che forma l´infradito. E´una rampa di lancio numero 45 ed io sono senza freni. Pronto. Un batter d´ali, uno scalpiccio di cavalli e mi stó librando nell´aria, braccia all´indietro per cercare di afferrare qualcosa.
Mayday mayday liberate la pista.
Poi una combinazione micidiale di botte, tipo rullata di batteria, una scarica di bastonate veloce e precisa: scapola destra! chiappa destra! gomiti! avambracci! coscia sinistra!

Ore 14.04 e 12 secondi.

Sono al piano di sotto.

Rimango seduto immobile sul penultimo gradino, incredulo e pieno di adrenalina. La gente accorre dalle stanze. Sento parole tipo Max, come stai, ghiaccio, sbattuto la testa, riesci ad alzarti, tutto bene ma sembrano provenire da una camera lontana, oppure la mia testa si stá riempiendo di spugna. Il dolore si manifesta sotto forma di coltellate. La peggiore é quella inflitta alla scapola destra che non mi lascia respirare.

Mi sembra di essere sul fondo di una piscina.
Osservo come in un film.

Mentre le persone nuotano intorno all´obbiettivo, l´inquadratura si sposta sul corridoio e, come ogni domenica da bambino, questa é l´ultima cosa che vedo.

Un paio di jeans sull´asse da stiro. Prima di perdere i sensi.